Cucinare è ancora un atto quotidiano. Per molti un piacere. Non tutti sanno, però, che oltre a dare importanza agli ingredienti, alla qualità delle materie prime, c’è un’altra variabile in cucina da non sottovalutare prima di accendere il fornello: scegliere lo strumento giusto per la cottura. Come riconoscere la padella giusta? Lo abbiamo chiesto a Silvano Codenotti, Product Manager & Designer per Pedrini PPL spa, storica azienda bresciana che dal 1942 crea per il mercato interno ed internazionale utensili da cucina e per la tavola, fra tradizione, innovazione, ricerca estetica e funzionalità.
Acciaio, alluminio, ceramica, terracotta… Sugli scaffali dei negozi l’offerta è ampia, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma come ci si orienta per acquistare la pentola o la padella giusta per la cottura. Quella in cui non si alterino i sapori e i cibi cuociano bene e in maniera uniforme? Prendiamo ad esempio la ricetta presentata questo mese da Il Quinto Quarto, il Manzo all’olio di Rovato.
«Per la preparazione di questo piatto il tegame ideale è la casseruola o il tegame, dipende dalla quantità di carne. Perché è un prodotto con fondo ad alto spessore, consigliata per le cotture lente e per le cotture che non devono abbrustolire la carne. Di solito andrebbe usata anche per la preparazione di risotti e stracotti. Sicuramente scarterei l’idea dell’acciaio perché questi tegami sono a bassissimo spessore o la pirofila. Se la fonte di calore è a induzione o in vetroceramica è importante che il prodotto sia adatto a questo tipo di calore, se è un prodotto universale la scelta ricade per forza sull’alluminio, come nel caso dei nostri tegami, perché avendo un fondello in acciaio la pentola è versatile e può essere usata anche sui piani a induzione. Se in cucina si ha un piano cottura diverso si può optare anche per una casseruola in terracotta, o con rivestimento in ceramica».
Anche la forma del tegame è importante?
«Sicuramente. La scelta della forma del tegame da usare per la preparazione di un piatto è influenzato dal tipo di pietanza che bisogna cucinare e dalla quantità di materia prima che deve contenere. Nel caso specifico del Manzo all’olio, il tegame da usare ha bisogno di essere esteso in termini di spazio. Parliamo di una casseruola alta e contenitiva, ma non troppo: una casseruola da 28 cm di diametro e alta circa 10 cm. Non dimentichiamo che anche il coperchio ha la sua importanza. Soprattutto per la preparazione del piatto che stiamo prendendo in considerazione e per permettere al tegame messo sulla fiamma di creare quell’effetto fornetto perché si disperda in modo meno informe il moto interno del calore».
Prestare attenzione alle etichette prima di acquistare una pentola?
«Vanno lette le informazioni non solo quelle inerenti il marketing aziendale. Sono importanti soprattutto quelle poste di solito sul retro della pentola e aiutano l’acquirente a capire come preservarla più a lungo. Sono consigli d’uso, per il lavaggio e per la conservazione. Ci siamo resi conto anche noi, nel corso degli anni, che tantissimi clienti non leggono le indicazioni scritte sulle etichette, perché ci contattavano a posteriori facendo delle segnalazioni. Per questo l’azienda che rappresento ha scelto anche di introdurre in etichetta anche i dati di manutenzione. Prendiamo ad esempio un tegame lavabile in lavastoviglie. Non tutti sanno che se prima di riporre la pentola non l’asciugo bene dopo ogni ciclo, se la lavo solo con i detergenti aggressivi per lavastoviglie, anche quando basterebbe un semplice risciacquo per pulirla il tegame, a prescindere dal programma dell’elettrodomestico, ovviamente dura meno».
Cosa è cambiato dalle prime casseruole anni ’50 in acciaio ad oggi?
«E’ cambiata fondamentalmente la produzione industriale. Negli anni ‘50 il novanta per cento delle pentole era fatto in acciaio, la tecnologia all’epoca era quella. Tra i materiali più diffusi oggi c’è l’alluminio pressofuso in coniatura. E’ un materiale più malleabile ed elastico rispetto all’acciaio, più leggero anche se, per realizzare un buon prodotto, bisogna aumentare gli spessori e quindi mediamente pesa di più. Per quanto riguarda la Forma sono stati studiati piccoli accorgimenti per adattare i tegami ai vari piani di cottura, ma anche i vari test eseguiti sui prodotti hanno influito sulla forma, favorendo un continuo restyle nei dettagli dei corpi in alluminio, se il nuovo modello permetteva al calore di diffondersi meglio ad esempio rispetto alla forma precedente. La vera rivoluzione è stata giocata da ricerca e sviluppo unite al design. Perché dagli anni ’50 ad oggi sono stai fatti notevoli studi che hanno profondamente cambiato il settore. Il pentolame viene considerato dal cliente medio un prodotto semplice: un contenitore con un attaccato un manico, una o due maniglie. In realtà è molto più complicato di così. Prendiamo ad esempio l’evoluzione degli antiaderenti. Diciamo che è dagli anni ‘90 che l’alluminio la fa da padrone in termini di pentolame, la vera evoluzione si è avuta nei rivestimenti».
Quali sono le pentole migliori non solo per la riuscita del piatto, ma anche per la salute del consumatore. Ma soprattutto, dal momento che le pentole vengono usate più volte in cucina, una pentola può essere per sempre?
«In generale sappiamo tutti che sul mercato ci si può imbattere in tutto. In termini assoluti però posso dire che no, una padella non è come un diamante: non è per sempre. E’ un bene di consumo. Se di qualità medio alta può durare anni, non mesi, e va sostituita quando il bene si è usurato. Quanto tempo? dipende dal tipo di rivestimento. Ovviamente qui mi riferisco ai nostri prodotti. Più la pentola è di qualità, più è rivestita con strati di spessore e ci mette più tempo a rovinarsi. Ma è comunque destinato a consumarsi e rovinarsi con l’uso. Oltre al rivestimento esterno è molto importante anche l’alluminio interno di cui è fatta una pentola. Anche se noi usiamo alluminio alimentare, ad esempio, se un utensile malauguratamente dovesse rovinare il rivestimento arrivando allo strato di alluminio, da quel momento la padella non è più integra, non è più antiaderente: non è più utilizzabile. Dal momento in cui si graffia una padella e si arriva a vedere l’alluminio e bene ricordare che entriamo nel concetto del valore di marca, e della fiducia che riponiamo in quell’Azienda e di quello che scrive nelle famose etichette. Il mio consiglio è quello comunque di sostituirla subito con una nuova. Ricordandosi di smaltire le vecchie solo e sempre nelle isole ecologiche. Capisco che sia più facile sostituite un coltello che non taglia più. Per una pentola è più complicato. Ma qui entra in gioco anche la salute del consumatore».
Cosa significa cucinare un alimento di alta qualità in una padella scadente?
«Se parliamo di primi usi di una padella a basso spessore di fascia medio bassa con l’antiaderente integro e al massimo della performance, significa rischiare una di rovinare una buona materia prima in uno strumento che, scaldandosi velocemente distribuisce male il calore, potrebbe cuocere troppo in fretta bruciandosi. Di contro cucinare un ingrediente medio-buono in una padella di buona/alta qualità significa mantenere e mai abbassare le proprietà della materia prima».
La batteria di pentole è ancora uno tra i regali più gettonati nelle liste di nozze?
«Penso che sia un prodotto che vada ancora molto bene, anche se negli ultimi anni le liste nozze hanno perso quote di mercato. Come politica aziendale da tempo non ci rivolgiamo più a quel tipo di mercato. E’ rimasto solo il dettagliante specializzato con gamme molto alte. Invece oggi è più facile sostituire la batteria di pentole quando in casa si cambiano gli elettrodomestici in cucina. Con gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni molte persone hanno cambiato gli elettrodomestici, ad esempio il piano di cottura. Se quello nuovo è a indizione vengono sostituite tutte le padelle. Il trend in crescita delle vendite lo dimostra».
Con il lockdown della prima ondata di coronavirus la gente ha riscoperto la cucina casalinga… è stato così anche per gli strumenti per cucinare?
«Direi proprio di sì, lo hanno confermato di vendite post lockdown. Durante quel periodo l’oggetto che da noi ha registrato un picco di vendite inaspettato? Il pelapatate. Le persone hanno trascorso molto più tempo in casa e si è vissuto di più la cucina e molte di loro si sono accorte di averla attrezzata male. Con tre mestoli, un pelapatate, un coltello, un mestolo, due pentole, una casseruola, pensavano di essere a posto…Per scaldare due “spinacine” al volo era perfetto. Vivendo di più la cucina, invece, si sono resi conto di cosa mancava e di cosa poteva aiutarli in cucina, non necessariamente tutti i giorni, ma anche solo per preparare quel piatto particolare che richiede una specifica cottura, o perché si desiderava affettare le verdure più velocemente senza usare per forza il robot da cucina. Così hanno scoperto ad esempio che non tutti i pelapatate sono uguali. Parliamo ovviamente di vendite on-line perché tanti supermercati nostri clienti, non potevano ordinare i nostri prodotti ed essere riforniti, perché le corsie erano chiuse».
Lo sapevi che anche gli antichi romani cucinavano in padelle antiaderenti, si chiamavano “cumanae testae“, provenivano dalle rinomate officine dell’antica città di Cuma, attive almeno fino al II secolo d.C. La scoperta è di un gruppo di archeologi dell’Università Orientale di Napoli. Il fondo antiaderente era ottenuto grazie a un particolare rivestimento interno, utile a creare una superficie spessa e liscia che impediva ai cibi di attaccarsi alle padelle.