Le fresche note aromatiche ed il sapore degli agrumi, si sposano meravigliosamente con la birra!
Nel corso dei secoli, i birrai di tutto il mondo hanno trovato diversi modi per far convivere in armonia le note agrumate con luppolo e malto d’orzo, creando una vasta gamma di birre rinfrescanti.
Shandies, Panaché, Radler: tanti modi diversi per chiamarle, un unico comune denominatore.
Note come “Shandy” nei paesi anglosassoni, “Panachè” nelle regioni francofone della Svizzera, in Francia Belgio ed Italia e “Radler” nelle nazioni di lingua tedesca, sono le birre che ottengono un sapore agrumato dopo essere state miscelate con una bibita gassata (solitamente limonata o gazzosa).
Bevande ancora ampiamente consumate, Shandies e Radler sono in realtà da considerarsi secolari.
Originariamente fatte con ginger ale, le origini dello shandy possono essere fatte risalire al XIX secolo, quando un drink nato da un mix di champagne e birra divenne popolare. Tra coloro che non potevano permettersi spumante francese, birra allo zenzero o limonata erano sostituti comuni.
Il termine “Radler” fu invece ufficializzato nel 1922 quando un oste tedesco, tale Franz Kugler, trovò un modo ingegnoso per allungare la sua fornitura di birra. Apparentemente negli anni ’20, il ciclismo come attività ricreativa divenne estremamente popolare in Germania. Durante questo periodo, Kugler creò una pista ciclabile da Monaco, che attraversando i boschi, portava i ciclisti dritti dritti nella birreria di sua proprietà.
La leggenda narra che 13.000 ciclisti arrivarono in un giorno al suo locale. Impreparato all’improvvisa domanda, Kugler stava esaurendo la birra ma aveva molta soda al limone. Decise allora di mescolarle e di servirlie all’assetata folla di avventori. Il resto è storia!
Il termine “Radler” deriva dalla parola tedesca “Radlermass”: “Radler” che significa ciclista e “Mass” che significa litro.
Il basso tenore alcolico che caratterizza questi prodotti è certamente la chiave della popolarità fra i ciclisti che possono consumarne in ampie quantità, senza inficiare le loro prestazioni atletiche.
Molto più antiche e stilisticamente complesse, sono invece le Bière Blanche o Witbier. Prodotte per la prima volta in Belgio dai monaci nel XV secolo, nate da una miscela di malti chiari, frumento non maltato ed un interessante mix di spezie, che spesso include il coriandolo e lo “zest” di qualche agrume: fra i più popolari ricordiamo l’arancia, il bergamotto, ma anche pompelmo, laraha (agrume simile ad un grosso lime, con la buccia “rugosa”, che cresce sull’Isola di Curaçao dal quale si produce l’omonimo liquore.
Il risultato è una birra fine ed elegante, con una grandiosa facilità di bevuta, sebbene presenti un’interessante complessità aromatica, il tutto in gradazioni alcoliche che raramente superano i 5%.
Oggigiorno si sente sempre più parlare di birre “fruttate” ed “agrumate” all’interno delle quali non vi sono però né frutta né agrumi. Responsabili di queste esplosioni aromatiche sono invece le centinaia di varietà di luppoli, per lo più americani e pacifici, carichi di olii essenziali in grado di sprigionare complesse note aromatiche che ricordano appunto la frutta esotica e sempre più spesso gli agrumi.
A un livello ancora più molecolare, lieviti specifici producono esteri fruttati durante la fermentazione che conferiscono alla birra finita sottili sfumature di agrumi, rendendo ancora più affascinante l’universo brassicolo. Le vincenti strategie di marketing di importanti produttori birrari industriali, ci hanno tuttavia insegnato che talvolta lo spicchio di lime (accompagnato da qualche granello di sale) si può rivelare importante alleato nell’agevolare la bevuta di talune birre che proprio rinfrescanti non sono.