“E i casonsèi ma jè isé bèi i ghe piàs anche al sciùr preòst (…)
curì curì compar (e) fradèi a mangià i casonsèi”*
Quando scorgiamo il piatto, i casoncelli sembrano pochi. Eppure, alla fine la dozzina sazia, perché ogni singolo pezzo contiene tutta la forza di ciò che lo sostanzia: l’incontro della pasta sottile e morbida, con un ripieno speziato di erbe macinate e prosciutto, che con il burro fuso profumato dalla salvia creano un’esplosione di bontà in bocca, che sospende il tempo.
Ma del successo del casoncello si può anche parlare in termini di sostenibilità territoriale, e particolarmente di inclusività.
Come il Comune di Barbariga, nella Bassa Bresciana, che per primo ha trasformato la ricetta della nonna nel piatto portabandiera, oggi marchio De.Co., rilanciando un’economia tutta al femminile, oppure come a Ospitaletto, ultimo esempio virtuoso in ordine cronologico, dove lo chef Gianmarco Portesani sta rilanciando, dal suo ristorante Cascina Cattafame, la ricetta del casoncello di Castegnato, tradizione che sembrava persa. Insomma poco importa se in forma di caramella o di spiga di grano, nel bresciano il casoncello rappresenta il risveglio che la natura ci regala.
Due storie che vi vogliamo raccontare.
Il casoncello di Barbariga, una realtà consolidata
Nella Bassa bresciana, c’è un paese famoso nella produzione dei casoncelli: Barbariga.
Tutto ha avuto inizio nel 2004 quando il sindaco di allora, Marco Marchi, intuì che il casoncello poteva diventare una risorsa chiave per il territorio contadino tramite la Denominazione Comunale di Origine (De.Co), un’opportunità concessa ai comuni italiani in seguito alla Legge n° 142 del 1990 per valorizzare i prodotti strettamente collegati al territorio che non potevano ottenere nessuno marchio di tipicità a livello europeo. Fu un riconoscimento determinante per un piatto diffuso all’epoca indistintamente un po’ in tutto il bresciano, che lo portò nel 2014 ad essere addirittura brevettato.
Lo stesso anno, l’Amministrazione Comunale decise di avviare la prima “Festa del Casoncello Bresciano” per fare conoscere l’eccellenza di questo primo piatto.
Una scommessa per un paese di circa 2.600 anime, che aveva già un appuntamento ben radicato per la festa del patrono San Vito. Grazie ad una rete di volontari appassionati, l’evento incontrò un successo tale che l’anno successivo fu costituita la Pro Loco con l’incarico di gestirne l’organizzazione (guarda il il video della ProLoco di Barbariga). Fu allora inserito a pieno titolo nel calendario ufficiale delle fiere e sagre della Lombardia, e trasformato nella “Fiera del Casoncello De.Co” con eventi e spazi espositivi per i produttori agroalimentari locali.
Quindici anni dopo, la fiera che si tiene solitamente nella terza settimana del mese di settembre si annovera tra gli appuntamenti più importanti delle sagre di paese della provincia di Brescia con numeri che superano le 10.000 porzioni servite e le migliaia di dozzine vendute, l‘edizione 2020 è stata sospesa a causa dell’emergenza Covid-19, ma si sta già si sta lavorando per la prossima edizione.
Un po’ di Storia.
Risalendo nel tempo, si scopre che a Barbariga quando tutto è cominciato c’era un solo laboratorio artigianale: quello creato da Mari Pesce nel 1984, oggi attivo con la denominazione Cansocelli Marì.
L’imprenditrice allora aveva trasformato la sua gastronomia per la produzione del famoso casoncello “con la coda”, per rispondere ai nuovi bisogni delle donne chiamate a lavorare in fabbrica senza più tempo per cucinare. Per non parlare delle restrizioni di natura igienica alla produzione a livello casalingo.
Oggi, le caramelle di prosciutto e erbette si possono acquistare nel negozio storico di Barbariga e nei supermercati bresciani, oppure degustare in tanti ristoranti. «Continuo a puntare sulla qualità del prodotto e assicuro io la consegna per mantenere il rapporto con i clienti» dichiara Corine, la nuora della fondatrice che gestisce ormai l’attività di famiglia. Ogni momento della preparazione è importante e richiede il suo tempo e la giusta attenzione. Ascolta i suoni del loro laboratorio al lavoro!
È così, che “Il casoncello di Barbariga”, un piatto a kilometro zero particolarmente equilibrato, è diventato fondamentale per l’economia locale. L’incasso annuale al netto delle spese della fiera (ante Covid) ha sempre permesso di sostenere le associazioni ed eventi di utilità sociale in parrocchia e a scuola, oltre che di offrire vari servizi per gli anziani. Ma l’impatto più significativo è stato la creazione di posti di lavoro femminili grazie all’apertura di sette laboratori, tra i quali due svolgono anche attività di ristorazione.
Il recupero dell’antica ricetta, divenuta sinonimo di eccellenza gastronomica, costituisce un esempio virtuoso di marketing territoriale, che ha dato il là ad altre iniziative simili nei paesi limitrofi, e non solo della provincia. Molte tradizioni, un’unica identità. Così la meravigliosa storia del casoncello bresciano non si è mai fermata e ha continuato, in un lungo e in largo, per il territorio a sostenere e rilanciare numerose economie legandole alla storia gastronomica locale del proprio casoncello.
Ultima esperienza in ordine di tempo è quella lanciata da Gianmario Portesani, lo chef della seconda chance.
Alla fine dell’inverno è finalmente ripartita la produzione del casoncello di Castegnato, nato nel 1904. Un percorso iniziato nel 2018, quando lo chef Gianmario Portesani, con importanti collaborazioni tra cui il Miramonti l’Altro di Concesio (2 stelle Michelin), il Leon d’Oro di Prealboino (1 stella Michelin) e l’Hotel Vittoria (unico 5 stelle di Brescia), prende in mano il ristorante Cattafame di Ospitaletto. Un locale gestito dalla Comunità Impronta del Gruppo Fraternità, orientato più che a guadagnare, ad introdurre nel mondo del lavoro dei giovani attraverso l’insegnamento di una professione come quella della ristorazione.
Davanti alla necessità di rielaborare il progetto per ottenerne la sostenibilità economica, lo chef castegnatese di adozione decide di portare la sua esperienza cercando di “valorizzare il cibo, non per dare da mangiare, ma per ben cucinare”, come ha sempre fatto d’altronde.
Ed è così che durante la pandemia è nato il rilancio del casoncello di Castegnato. Un’iniziativa figlia del fortunato incontro tra uno chef, che ha scoperto la soddisfazione di operare nel sociale e una donna altruista, che gli ha rivelato l’antica ricetta per dare una mano alla Comunità. Un prodotto che non si trovava più! Nato all’inizio del’900 dalla fantasia delle cuoche della Trattoria “Le more” che fino agli ann ’70 hanno servito questa variante del casoncello.
La ricetta del ripeno è diversa da quella di quella di Barbariga. Prevede tra l’altro, pane grattugiato fresco, di verzulì – o di verze in alternativa – e di un misto equilibrato di tre spezie. Anche nella forma. Il casoncello è rigorosamente chiuso a spiga di grano.
Da qualche settimana, quindi, al mattino presto, prima che apra il ristorante, il casoncello di Castegnato viene prodotto artigianalmente all’interno della Cascina Cattafame, con il duplice intento di preparare alla vita vera alcuni adolescenti in situazione di fragilità e di valorizzare la produzione dell’orto e della fattoria.
Con una produzione settimanale di circa 15 kili, i casoncelli di Castegnato impacchettati con una pergamena che reca il nome di chi ha contribuito alla produzione – Emiliano, Alessandro, Gerardo o Gianmario – sono venduti per il momento solo su ordinazione. Il ricavo della vendita va ovviamente alla Fraternità Impronta e permette di pagare i ragazzi della comunità che lavorano alla cascina e crescono con valori sostenibili per loro, e per tutti noi!
“L’ho fatto molto volentieri” assicura la signora in questione ….
Ed a guardare di nuovo indietro, si scopre che fu proprio Castegnato nel 2002 il primo comune italiano ad aderire all’idea delle De.Co. (Prodotti a denominazione comunale) – ipotizzata per la prima volta nel 1999 da Luigi Veronelli – grazie all’ora assessore Riccardo Lagorio con la farina di mais antico macinato a pietra. Sarà un caso? Lasciamo che il tempo ce lo dica.
*Traduzione: E i casoncelli son così belli, piacciono anche al signor parroco (…) correte, correte, compari e fratelli, a mangiare i casoncelli). La canzone “I casonsèi”, tratto da “La cucina bresciana fra arte e letteratura” di Carla Boroni e Anna Bossini, edito da Vannini”.