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Pollai domestici… in città

Non solo il gatto o il cane, anche la gallina è considerata secondo la legislazione italiana un animale domestico e di compagnia a tutti gli effetti. E così preparare una frittata con le uova raccolte nel pollaio dietro casa, a fianco del vostro orto o nel terrazzo della vostra casa, pur abitando in città, è tutt’altro che impossibile; perché allevare, animali da cortile come galline ovaiole o volatili tipo quaglie è consentito anche se si abita in un condominio.

Voliera con quaglie © ph. Matteo Marioli

Prima acquistare voliere o pollai urbani dedicandovi all’avicoltura amatoriale è bene tuttavia informarsi su alcune regole da rispettare che riguardano l’aspetto igienico-sanitario e veterinario, il benessere dell’animale, le esigenze del vicinato, l’ambito comunale e ambientale, per finire l’aspetto relativo alla cura del prodotto che viene raccolto, ovvero l’uovo.  Sia che se si abiti in una villetta privata con giardino che in un condominio.

Gallina © ph. Matteo Marioli

Ipotizziamo di acquistare un paio di galline ovaiole e di volerle allevare in casa. Ecco cosa bisogna sapere
L’Azienda di Tutela Sanitaria di Brescia (ATS) consente di allevare fino ad un massimo di 50 galline senza l’obbligo di richiedere alcuna autorizzazione. Sempre che gli animali siano destinati all’autoconsumo di carne e uova e non alla vendita. Sopra i 50 capi infatti si parla di allevamenti avicoli rurali e le regole sono diverse. Come ci ha spiegato il Dr. Antonio Vitali Direttore del Dipartimento veterinerio dell’ATS di Brescia.

LA LEGGE ITALIANA
La normativa italiana permette al privato cittadino di tenere come animale di compagnia qualche gallina, anche in città e anche se si abita in un condominio, a patto che il regolamento condominiale non lo vieti e che consenta di farle razzolare sul balcone o in cortile. In quest’ultimo caso il proprietario si impegna a non rovinare o sporcare le parti comuni.
Anche gli spazi hanno la loro importanza. La legge obbliga il proprietario a garantire agli animali uno spazio standard, quello stabilito per gli allevamenti biologici (almeno quattro metri quadri a gallina). Pena la denuncia per maltrattamento o per aver causato sofferenze a un animale.

AMBITO COMUNALE
Se due, quattro galline non fanno un allevamento e non si impone la registrazione presso il servizio veterinario dell’ATS occorre tuttavia rispettare le norme igienico-sanitarie previste dal Comune di residenza, orientate alla tutela della salute dei cittadini che vivono a contatto diretto o indiretto con gli animali domestici, galline comprese.
«Non esiste una regola – spiega il dr. Vitali – ogni Comune adotta appositi regolamenti di igiene e sanità pubblica e i regolamenti che possono interessare l’eventuale costruzione di un pollaio, le problematiche derivanti dal rumore, la distanza dal vicino di casa, o dal confinante, le autorizzazioni condominiali… Le cose sono più semplici quando questi animali sono tenuti in campagna, dove si suppone ci siano distanziamenti tali da consentirne il possesso». Se parliamo di comuni piccoli, magari non in campagna, o addirittura di città ecco che allora è meglio verificare se esistino delle disposizioni del comune di residenza.

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AMBITO SANITARIO/VETERINARIO
Fatta salva la distinzione tra allevamento avicolo amatoriale e rurale il proprietario di un pollaio domestico, anche se non deve essere autorizzato dall’ATS a tenere gli animali in cortile, è però tenuto, come un normale allevatore, al rispetto di eventuali indicazioni imposte dall’ATS in caso si verifichino sul territorio episodi gravi di malattie contagiose fra gli animali, come nel caso di influenza aviaria

ASPETTO AMBIENTALE E CURA E IGIENE ANIMALE
L’allevamento per autoconsumo degli animali da cortile è una tradizione che consente di produrre alimenti di qualità. Tuttavia nell’ambiente ci possono essere fonti di contaminazione che causano la presenza di contaminanti negli alimenti, tra cui anche delle scorrette pratiche agronomiche. Tra i contaminanti ci sono i PCB e le Diossine, emessi in atmosfera a seguito di combustione di prodotti contenenti cloro, che si depositano nel suolo ed entrano nella catena alimentare; si tratta dicomposti chimici capaci di persistere per lungo tempo nell’ambientee che si accumulano nei grassi. Il consumo di alimenti inquinati è un’importante fonte di rischio per l’uomo.
Le uova, alimento particolarmente ricco di grassi, possono costituire un veicolo di tali contaminanti.
«Non è un aspetto marginale – spiega il Dr. Vitali –  è importante conoscere il tipo di suolo e sottosuolo dove si intende collocare questi piccoli allevamenti. Perché la gallina è un animale accumulatore e becca tutto quello che trova alla sua portata e tutto finisce nell’uovo che potrebbe risultare alterato. Avere cura dell’igiene dell’animale e della pulizia del suo ambiente – pulizia della lettiera dalle deiezioni e sapere come smaltirle – significa evitare che passino infezioni. Se una persona si inventa o si improvvisa, e non ha mai avuto una minima esperienza in campagna, il rischio di fare un bel tiramisù con un uovo crudo contaminato o di contrarre salmonella aumenta».
In più avere una gallina in casa verso fine carriera prima o poi obbliga a compiere una scelta ricorda il dr. Vitale «O quella più drastica tirandole il collo per metterla in pentola, assumendosi la responsabilità comunque di quello che si mangia, o in caso si optasse per farla vivere fino a fine ciclo bisognerà informarsi, presso l’azienda che smaltisce i rifiuti nel comune di residenza, sulle modalità da osservare. Perché la gallina non può essere smaltita nell’umido o sotterrata in giardino».

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Regione Lombardia ha promosso un’azione di prevenzione rivolta ai gestori degli allevamenti avicoli rurali sul tema della contaminazione delle uova da inquinanti. Si tratta di alcune linee guida che indicano le azioni da compiere e gli accorgimenti da adottare per ridurre i rischi legati alla contaminazione. Il materiale informativo, scaricabile dal sito dell’ATS, è stato predisposto in seguito alla valutazione di Regione Lombardia dei risultati del piano di monitoraggio per P.O.P. che ha coinvolto anche alcuni allevamenti presenti nel territorio dell’ATS di Brescia.

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