“Nasci là dove l’acqua perenne scorre e cresci dove ti accolgono e cullano i cereali
Metti radici dove ronzano le operose api
O Ninkasi, figlia dell’abbondanza e dell’ebbrezza
E quando i mastri birrai mescolano con una grande pala in un fossato l’impasto di dolci aromi*
È te che maneggiano
O Ninkasi”
Inno a Ninkasi-Dea della birra nell’antica mitologia sumera
Questo è quanto si legge (traduce) su una tavoletta d’argilla datata circa 4000 a.C. che descrive la più antica ricetta per la produzione della birra.
È chiaro come, già presso le antiche civiltà mesopotamiche, il “nettare degli dèi” venisse impiegato, non solo a scopi curativi e nella cosmesi, ma fosse anche di largo uso in cucina e nella produzione di alcolici*.
Curioso notare come anche l’origine etimologica del vocabolo “beer” (birra) ci porti ancora una volta a parlare di miele: il termine deriverebbe infatti dal Latino “bibere” cioè bere, o forse dal termine “barley” orzo, o addirittura da “bee” ape.
Grazie al suo alto grado di fermentabilità, il miele è stato nel corso dei secoli e continua ad essere, un importante alleato nel processo di birrificazione: dai celti, passando per gli sciamani delle tribù del nord Europa, ai monaci trappisti. Epoche e ricette diverse, un unico indissolubile legame.
Non è raro trovare anche nelle produzioni italiane, birre prodotte con miele ed ultimamente si è tornato a parlare di “idromele”, antico fermentato a base del dolce nettare.
Il contributo che il miele regala alla birra in termini gustativi è deliziosamente piacevole e decisamente unico, ecco perché ho deciso di approfondire l’accostamento di questi due prodotti.
È una splendida giornata di sole in Franciacorta, decido così, in sella alla mia bici, di andare a trovare un amico di famiglia: Gino, apicoltore hobbista.
Riesco a “strapparlo” per qualche momento dal suo lavoro: i primi mesi primaverili, sono molto impegnativi per un apicoltore perché le api cominciano a bottinare e produrre miele ed è in questo periodo che generalmente si assiste alla sciamatura.
Voglio farmi guidare da lui, nella scelta di alcune tipologie di miele che vorrei abbinare a delle birre che ho acquistato e colgo l’occasione per fare due chiacchiere con lui.
«Fare l’apicoltore richiede tanta tanta passione e forse anche un briciolo di sangue freddo, perché qualche ape con la luna storta, ci può sempre scappare!» mi dice. Quella che lega Gino e le sue api è una vera e propria storia d’amore. Tutto inizia con un “colpo di fulmine”: un alveare abbandonato da un conoscente, di cui decide di prendersi cura. Siamo nel 1980. Ripercorre questi quarant’anni con ricordi nitidi e precisi e la voce si fa carica di emozione quando ripensa ai bei tempi in cui di api e di miele ce n’erano in abbondanza: «Adesso le api sono molto stressate, stanno soffrendo molto per i continui sbalzi di temperatura ed i continui cambiamenti climatici. Molto spesso muoiono e non riescono a completare il loro normale ciclo produttivo».
Stemperiamo un po’ il clima ed i pensieri si alleggeriscono davanti a qualche buona birra, abbinata ai suoi deliziosi mieli.
Decido di aprire la mia sessione di “pairing” con una Bière Blanche aromatizzata al coriandolo e pepe del Sichuan, abbinata ad una robiolina vaccina e miele d’acacia. La lieve speziatura della birra ben accompagna la dolcezza del miele e le pepate note finali regalano un piacevole retrogusto che esalta la delicatezza del formaggio.
A seguire abbino una rivisitazione italiana di Birra Tripel, aromatizzata al coriandolo e bergamotto, ad un Pecorino Toscano DOP di media stagionatura e miele di tiglio. Piacevolmente agrumata al naso, questa birra dal corpo piuttosto leggero (diversamente da un’originale tripel belga che ha solitamente un corpo più “complesso”) ben sostiene la grassezza del formaggio; la texture del miele in fase di cristallizzazione invece richiama la pasta semidura del pecorino. Piacevole amaro finale della birra che amplifica la voglia di un ulteriore sorso e boccone.
Per concludere scelgo una Kölsch, (tradizionale stile birrario tedesco della città di Colonia), in una rivisitazione americana che prevede l’aggiunta di miele prodotto dallo stesso birrificio, abbinata a del miele di castagno.
Ho volutamente scelto questo “tête-à-tête” fra due mieli: contrariamente a quanto si possa pensare, la bevuta è tutt’altro che stucchevole. L’eventuale dolcezza residua che potrebbe lasciare in retrogusto la birra viene perfettamente bilanciata dalle complesse note amare/piccanti del miele, in un piacevole contrasto di sapori.