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Api, sentinelle ecologiche dell’ambiente

Impollinano, producono miele e monitorano l’ambiente. Operose lavoratrici, le api sono anche “sentinelle ecologiche”. Volando tra cielo e terra, posandosi di fiore in fiore, non solo raccolgono polline e nettare, ma si sporcano dei materiali e delle sostanze con cui entrano in contatto. Sono in grado di segnalare i danni chimici dell’ambiente in cui vivono attraverso tre segnali: l’alta mortalità, i residui ritrovati sui loro corpi o nei prodotti dell’alveare. Sorprendente come un piccolo insetto e il suo miele rappresentino il più completo biosensore capace di avvertire le alterazioni ecologiche dell’ambiente.

Le api, sentinelle ecologiche dell’ambiente © ph. Italcementi

IL GIOCO DELLA SEDUZIONE
Mentre ce ne stavano rintanati in casa per evitare che la socialità potesse permettere al virus di diffondersi con una virulenza maggiore di quanto già non avesse, gli animali tornavano a fare capolino entusiasticamente sorpresi da spazi, silenzio e profumi. Meno mezzi in circolazione, nel corso del primo lockdown (marzo-maggio 2020), hanno portato non solo a una riduzione degli incidenti stradali, ma anche dell’inquinamento atmosferico. E il potere seduttivo dei fiori sugli insetti ha intensificato la sua presa.
Uno studio scientifico pubblicato su Science Direct spiega come determinati inquinanti agiscano sui profumi dei fiori modificandone la composizione e rendendo difficoltosa l’interazione pianta-impollinatore.

Ape © ph. Matteo Marioli

Considerando che per circa il 90% delle piante il principale meccanismo di riproduzione è costituito proprio dall’impollinazione, ma per trasportare il polline dalla parte maschile a quella femminile del loro apparato riproduttivo hanno bisogno di attirare a sé gli insetti, appare chiara l’importanza di preservare la salubrità dell’ambiente. Più le api viaggiano, più si imbrattano di polline, favorendo la riproduzione delle piante e la conservazione della biodiversità. Ma nei loro svolazzanti tragitti, dicevamo, si “sporcano” anche di sostanze inquinanti: il loro corpo peloso si comporta come un panno cattura polvere. Sono tra le specie più utilizzate sia come bioindicatori (soprattutto per gli effetti tossici dei fitofarmaci che ne causano l’elevata mortalità) sia come bioaccumulatori (raccolgono e trattengono eventuali sostanze disperse nell’atmosfera o presenti sulle piante che vanno a bottinare).
Gli esperti della facoltà di Scienze agrarie ambientali e alimentari della Cattolica di Piacenza, ad esempio, esaminando le polveri sottili trovate sulle api hanno scoperto che l’enorme quantità di particolato presente nel miele prodotto negli alveari vicini all’Autosole è dovuto all’usura delle pastiglie dei freni più che ai tubi di scappamento o ai motori. Comprendere le fonti di inquinamento significa, quindi, poter strutturare strategie per combatterle, migliorando la qualità dell’aria. Le api ci aiutano a farlo.

 

 

Arnie @ ph. Italcementi

API “ADOTTATE” DAL CEMENTIFICIO
Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi sulla capacità delle api di essere importanti biosensori dell’ambiente e diverse sono le aziende che le hanno accolte come barometro della sostenibilità ambientale, due si trovano in provincia di Brescia: l’Italcementi e A2A. Le arnie posizionate all’Italcementi di Rezzato sono state antesignane perché l’avvio del programma di monitoraggio biologico dell’aria risale al 2002. Nel corso degli anni ha poi interessato anche gli impianti dell’azienda presenti sul territorio nazionale: Calusco d’Adda (Bergamo), Colleferro (Roma), Isola delle Femmine (Palermo) e Samatzai. (Cagliari).
Migliaia di api in veste di “sentinelle ecologiche” ogni giorno affiancano le consuete attività di controllo delle emissioni e aiutano l’azienda a certificare la qualità ambientale dell’area perché le arnie sono collocate all’interno del perimetro dello stabilimento. A Rezzato sono 10 gli alveari con 10 nuclei di api ligustica, razza tra le più diffuse e resistenti, anche alle temperature più fredde. Come in tutti gli altri siti, a prendersene cura con professionalità e passione è un apicoltore. Ma com’è il miele “prodotto” in un cementificio? Le analisi chimiche e melissopalinologiche (relative al polline presente nel miele) – spiega Italcementei – sono effettuate dal CREA – Unità di Ricerca di Apicoltura e Bachicoltura di Bologna che esamina ogni anno il miele prodotto nelle cementerie. I parametri fisico-chimici rientrano ampiamente nella norma, certificando l’alta qualità del miele. Lo scorso anno la produzione di tutti gli impianti ha raggiunto i 376 chili. Il miele non è in commercio, ma viene regalato come “gadget”.

 

Le arnie del termoutilizzatore @ ph. A2A Brescia

ALL’OMBRA DEL “TU”
Nel maggio del 2014 è poi accaduto che uno sciame di api si sia posato sul tetto del Termoutilizzatore (TU) di A2A a Brescia, in funzione dal 1998. Scelta strana, non c’è che dire. Fatto sta che da lì non se ne sono più andate. Entrate nel cuore di due manutentori meccanici, si è pensato bene di “adottarle”, accogliendole in tre arnie, ovviamente dopo aver contattato l’Associazione Apicoltori e fatta la dovuta denuncia all’apiario dell’Asl. Anche in questo caso il miele prodotto è stato sottoposto ad analisi e ad occuparsene è stato l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, ente competente per le analisi e ricerche sui mieli di tutta Italia e quindi in possesso di una vasta banca dati. Ma per avere dati più rilevanti, non ci si è limitati alla pura analisi del campione, è stato fatto anche un raffronto con i mieli prodotti in territori differenti: Lago di Garda, un sito a Nord di Brescia, una località di montagna nella media Valle Trompia. Il miele delle api del TU – spiega l’azienda, che ha avviato un progetto simile anche nell’impianto di Acerra (NA) – è risultato qualitativamente ottimo.

 

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