“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” cantava l’indimenticato De Andrè.
A Catania non hanno usato proprio il letame ma scarti agrumicoli, in particolare provenienti da arance, per dar vita ad un filato tessile ecologico che rispondesse in modo concreto, e stupefacente, alla richiesta di economia circolare.
Così nel 2014, grazie ad un finanziamento dalla Provincia autonoma di Trento e dal Fondo europeo di sviluppo regionale, è nata Orange Fiber, una start up innovativa – termine ormai abusato ma in questo caso quanto mai veritiero – che ha inventato un sistema per dare nuova vita a oltre 700mila tonnellate di sottoprodotto agrumicolo che ogni anno in Italia vengono gettate via.
“L’esclusivo tessuto – fanno sapere dalla realtà catanese – viene realizzato a partire dal pastazzo d’agrumi, ossia quel residuo umido che resta al termine della produzione industriale di succo di agrumi e che non può più essere utilizzato ma solo gettato via come un rifiuto”. Il risultato è stupefacente tanto che sia H&M che Salvatore Ferragamo l’hanno utilizzato per produrre una collezione davvero sostenibile. Il filato prodotto dallo scarto degli agrumi può essere stampato e colorato come i tessuti tradizionali, opaco o lucido, usato insieme ad altri filati o in purezza, e unisce sostenibilità e innovazione alla qualità tessile del Made in Italy.
Il sistema di produzione è ovviamente stato brevettato da Orange Fiber: “Grazie al processo di produzione industriale che abbiamo sviluppato e protetto con brevetto italiano, esteso poi a Pct internazionale, siamo in grado di produrre un tessuto di alta qualità capace di unire due pilastri dell’eccellenza italiana – i tessuti e l’alimentare – e rispondere alle esigenze di innovazione e sostenibilità dell’industria alla moda”. Il procedimento brevettato è in grado di estrarre in modo meccanico la cellulosa d’agrumi adatta alla filatura e di tesserlo fino a dar vita ad un materiale definito “setoso e impalpabile”. Negli ultimi cinquant’anni, l’aumento del consumo di cibo processato ha portato alla produzione di enormi quantità di sottoprodotti alimentari non più commestibili che devono essere smaltiti, diventando un doppio costo per la comunità in termini economici ma anche ambientali. “Cogliendo un’opportunità dove altri vedevano solo un problema”, concludono gli ideatori di Orange Fiber, “abbiamo sviluppato un processo industriale virtuoso che ci permette di ridurre gli sprechi e l’inquinamento, trasformando i sottoprodotti dell’industria agrumicola in una nuova risorsa per il mondo della moda”. Probabilmente il filato di Orange Fiber non profumerà di arance siciliane, ma ha comunque il dolce profumo di una produzione etica.