© ph. Matteo Marioli

Lo spiedo, simbolo di una civiltà antica

Con l’arrivo dell’autunno sulle tavole bresciane si rinnova l’appuntamento tanto atteso con il gusto di una tradizione antica… quella dello spiedo bresciano.
Una tecnica di cottura lenta – di un piatto a base di sola carne (se escludiamo patate e salvia) – diventata sinonimo di un territorio, che affonda le sue origini in tempi lontani e in una cultura legata alla caccia. Tempi in cui il sacrificio degli animali era un atto necessario che non andava a ledere equilibri naturali. Logica conseguenza, dunque, che “fare lo spiedo” sia una tecnica affinata dai bresciani.

Lo spiedo nel girarrosto © ph. Archivio Ferraboli (Andrea Pasini)

Da alcuni anni l’uso nella ristorazione degli uccellini a becco fine è stato limitato da leggi e controlli, ma il sapore caratteristico dello spiedo è rimasto unico, perché sono molti i componenti che nella preparazione del piatto concorrono al buon esito finale (come raccontato nel  post “decalogo dello spiedo bresciano”)
Nel 201o anche la Denominazione Comunale (DeCo) per i Comuni di Gussago e di Serle a testimonianza della tipicità di questa ricetta.
Ovviamente, l’arte di cuocere la carne sul fuoco accomuna tutti i popoli della Terra. Che cosa rende allora la proposta bresciana tanto unica e ineguagliabile?
Per provare a dare una risposta ci siamo affidati a mani esperte: quelle di un “bresciano doc” Marino Marini, cultore della cucina bresciana autentica e non solo, cuoco, giornalista e autore di molte pubblicazioni gastronomiche.
«I bresciani dovrebbero andare orgogliosi del loro spiedo – dice il gastronomo Marini – un vero e proprio monumento alimentare, simbolo di una civiltà antica. Le sacrosante limitazioni moderne ne cambiano il gusto ma non l’importanza: è uno dei piatti più antichi della storia dell’uomo».
Un piatto ricco di storia, dunque, che si eleva ad arte.

Lo spiedo della macelleria Da Gennaro di Gussago © ph. Archivio Macelleria da Gennaro

«Non c’è un solo bresciano che non si vanti di saper fare il migliore degli spiedi o di conoscere la trattoria o il ristorante che prepara il miglior spiedo in assoluto» sottolinea Marini.
Ma quale spiedo? Nel territorio bresciano non c’è un solo modo per preparare polenta e osei, Marini classifica almeno quattro tipologie che corrispondono ad altrettante zone della provincia bresciana in cui lo spiedo si arricchisce di elementi, man mano che ci si allontana dalla città: Brescia, Franciacorta e Valtrompia la prima zona, poi quella della Bassa Bresciana, della Valtenesi fino al Basso lago, e infine quella della Valsabbia, a nord di Salò e nell’Alto Garda.
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Nelle case c’era il camino sempre acceso – ricorda Marini – nella corte gli animali giusti: il maiale, i polli, i conigli. Nel campo la salvia e le patate, nella rete gli uccellini. La compagnia di certo non mancava e quando nel XVI secolo arrivò la farina di granoturco, allora lo spiedo diventò il piatto principe, il più ambito, il più conviviale in assoluto».

CAMBIANO LE ABITUDINI MA LO SPIEDO RESTA IL RE DELLA TAVOLA DEI BRESCIANI
È il tipo di pezzatura e di carne infizata sulla lama dello “schiodone” a dividere le abitudini locali e a distinguere i vari spiedi in prima battuta. Poi la differenza la fa anche la mano dello spiedatore, l’esperienza di chi lo porta a cottura e qualche piccolo segreto tramandato da famiglia in famiglia.

Spiedo della Trattoria dell’Angelo di Gussago © ph. Matteo Marioli

Ecco qui la classificazione degli spiedi secondo gli studi fatti da Marino Marini.

  • Brescia, Franciacorta e Valtrompia: in queste zone si preferiscono nello spiedo il lombo e gli uccellini (oggi si usa solo il prodotto della caccia e consumato solo in famiglia) alternati da foglie di salvia e pezzetti di lardo o pancetta. Ancora oggi è quello più croccante.
  • Bassa Bresciana: qui si prediligono carni miste, solitamente maiale e pollo e uccellini più grandi come i tordi, non è però molto diffuso.
  • Valtenesi fino al Basso lago: si usano le carni miste alle quali si aggiunge il coniglio o l’anitra, si è notata la presenza di fegatelli avvolti nella rete di maiale all’uso toscano.
  • Valsabbia, a nord di Salò e nell’Alto Garda: lo spiedo è composto da coppa e costine di maiale, pollo, coniglio, uccellini e fette di patate. Qualcuno unisce delle carni di anitra e perfino di oca o dei rocchetti di anguilla (queste due ultime varianti probabilmente sono state introdotte quando gli altri ingredienti scarseggiavano).

Sull’uso delle patate non tutti sono d’accordo a utilizzarle all’interno della sequenza delle “prese”, molti le cucinano a parte.

Lo spiedo da asporto di Bontà in Tavola, Brescia © ph. Matteo Marioli

LA STRADA DELLO SPIEDO BRESCIANO
Per valorizzare pratiche e varianti Marini, dalle colonne della rivista AB-Atlante Bresciano edizione n.109 inverno 2011, aveva lanciato la proposta di dare vita a una “Strada dello spiedo bresciano”.
Un percorso ad anello che attraversa tutti i luoghi della provincia in cui questo piatto è protagonista, indicando nel comune di Gussago l’inizio e la fine di questo viaggio.

Una proposta che fino ad ora, purtroppo, è rimasta solo sulla carta, ma che ha conquistato noi.
Così sedotti da questa suggestione, spinti dal desidero di scoprire e cogliere tutte le differenze di gusto degli spiedi bresciani, vi riproponiamo questo itinerario a tappe, da scoprire senza fretta, aggiungiamo noi, perché oltre al piacere della tavola questo viaggio permette di raggiungere molti luoghi della provincia bresciana ricchi di fascino e di storia, alcuni spesso poco conosciuti.
«Le località attraversate sono principalmente paesi di montagna, e promuovere in modo regolare questa attività potrebbe essere utile all’economia. I prodotti tipici dello spiedo potrebbero essere rilanciati sottolineando le qualità dei materiali locali: carni, ortaggi, condimenti, apparecchiature. A cui poi abbinare e rilanciare anche i nostri vini».

Marino Marini © ph. Archivio Marini

ECCO CHI È MARINO MARINI è stato cuoco allievo di Enzo Dellea; giornalista presso BresciaSet e AB Atlante Bresciano; bibliotecario accanto a Gualtiero Marchesi; scrittore di numerosi volumi sulla cucina: La cucina bresciana, e quelle di Cremona, di Parma, di Piacenza; Made in Italy e La Gola con il quale ha vinto il Premio Bancarella della Cucina nel 2010.
Tra i fondatori, nel 1986, di Arcigola prima e Slow Food poi è l’ideatore, nel 1990, della guida “Osterie d’Italia”. A Brescia ha dato i natali a numerose iniziative quali: La Cena tra le Stelle in Franciacorta, la Sagra del Pursèl di Fiesse, il Concorso Casoncelli Bresciani a Orzinuovi. Collezionista di libri sulla cucina ha organizzato numerose mostre in merito ed è fondatore della biblioteca della scuola Alma di Colorno.

Lo spiedo con polenta è servito © ph. Matteo Marioli

LO SAPEVATE CHE

  • L’11 novembre si festeggia San Martino, vescovo di Tours. Una ricorrenza strettamente legata a riti e usanze della tradizione contadina, in antichità infatti si rinnovavano i contratti agricoli e si aprivano le botti del vino “novello”.  Ancora oggi per tradizione le famiglie del comune di Treviso Bresciano (in Valle Sabbia) in questa data festeggiano il patrono con un pranzo a base di solo spiedo.
  • Anche in Australia si mangia lo spiedo bresciano. Merito di Alessandro Pavoni, chef stellato valtriumplino di Pezzoro che si è trasferito a Sydney circa 20 anni fa, conquistando i palati gourmet australiani anche grazie a questa ricetta leggendaria.

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