Il Comune di Bagolino è una delle gemme più preziose della Valle Sabbia incastonata tra il monte Maniva e la Piana del Gaver. Basta guardare la chiesa parrocchiale di San Giorgio per capire che è stato, per molti secoli, una delle capitali della montagna bresciana. Alta sulle case a più piani che si stringono ai suoi piedi, fu costruita fra il 1624 (il 5 luglio la posa della prima pietra) e il 1636 secondo un disegno grandioso: un portico arioso ed elegante precede l’ingresso principale e introduce nell’aula unica coperta da una volta a botte; le cappelle laterali poco profonde sono addossate ai muri perimetrali mentre il fulcro dello spazio sacro è l’area presbiteriale con l’altare maggiore. Non meno stupefacente è l’apparato decorativo: quadrature architettoniche firmate da Tommaso Sandrini e Ottavio Viviani dilatano lo spazio reale attraverso quello dipinto creando stupefacenti architetture prospettiche; gli altari sono frutto di quanto di meglio l’arte dell’intaglio e della scultura lignea offriva. Primi fra tutti ma non soli, si contano i Boscaì. Anche fra gli autori delle pale d’altare e i pittori di figura degli affreschi compaiono artisti del calibro di Andrea Celesti, Palma il Giovane e anche il Tintoretto. Nulla, dunque, sfigura ed è lasciato al caso in quella che, non casualmente, era qualificata come “cattedrale” di montagna ed era espressione del ruolo di primo piano della comunità di Bagolino. Dalla parrocchiale prende avvio una scalinata che, a seconda della prospettiva, separa o unisce le due frazioni del borgo; i bagossi la chiamavano “la divisoria”. Alla sua sinistra c’è Cavrìl e a destra Ösna o Visnà, nome che sembra derivare dal termine Vicinia, l’assemblea dei capofamiglia che legiferava e governava la cittadina nel Medioevo. E’ questa l’epoca storica che ha dato forma all’identità e all’abitato della cittadina. Le strade hanno conservato l’andamento tortuoso e ripido e le più antiche sono ancora lastricate in pietra; sulle pareti esterne degli edifici si leggono antichi dipinti murali con funzione devozionale o politica. In via Manzoni, per esempio, ci sono due immagini della Madonna con il bambino, la prima quattrocentesca, la seconda datata al 1848. In via IV novembre fa bella mostra di sé lo stemma araldico della Repubblica di Venezia che dal XVI secolo governò Bagolino, insieme alle insegne del paese stesso e della famiglia Avogadro.
Le case si sviluppano in altezza anche con cinque o sei piani fuori terra, quelle affacciate sui pendii hanno ancora il basamento a scarpa delle antiche case torri, archi passanti le collegano le une alle altre come quelli che coprivano via portici, l’antica strada principale del paese, o come quello ancora di via Piana in contrada Ösna con l’apertura a ogiva tipica dell’architettura gotica.
Poco lontano dall’arco di via Piana, sui muri, sono ancora ben visibili i segni del grande incendio che la notte del 30 ottobre 1779 devastò il paese provocando oltre 300 vittime.
In aggiunta ai danni alle persone, il fuoco fu terribile anche per l’economia del paese: “per le strade colavano i latticini” e duemila e più forme di formaggio “furono guaste dall’incendio” scriveva un cronista del tempo con riferimento anche a quel formaggio – il Bagoss (di cui parliamo approfonditamente in questo articolo) – che dal XVI secolo veniva esportato in abbondanza dal paese verso Venezia e che, secondo tradizione, aveva come ingrediente peculiare lo zafferano.
L’incendio ebbe origine dal forno da ferro che si trovava nella parte bassa del paese accanto al fiume Caffaro. La lavorazione dell’azzale, un ferro acciaioso particolarmente adatto alla fabbricazione degli attrezzi agricoli era, infatti, l’altra fonte di ricchezza del paese e dei suoi abitanti accanto ai pascoli, all’allevamento e alla produzione dei formaggi. Un insieme che ha trasformato il “Pagulinus” di fondazione romana nella capitale della montagna.
BAGOLINO E L’ UNESCO. Nel 2019 la transumanza, antica usanza che vede gli animali al pascolo migrare verso i monti o, in autunno, fare ritorno alle stalle, è stata inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale UNESCO. È diventato uno dei momenti più attesi a Bagolino che permette di riscoprire il territorio e i mestieri legati alla pastorizia del borgo valsabbino insieme all’altra famosa iniziativa locale è il Carnevale di Bagolino, uno dei più longevi e importanti del Nord Italia in grado di riportare curiosi e turisti indietro nel tempo di oltre 500 anni.
Ma la lista dei prodotti tipici del territorio da assaggiare è lunga, burro, le formagelle, la ricotta, il Fioricc (derivato cremoso del latte) e l’altro oro di Bagolino il “Söcher Amar“, lo zucchero amaro alle erbe di montagna di Bagolino qui realizzato nella sua versione originale, secondo la ricetta tramandata di generazione in generazione che si trova solo nella Pasticceria Evelina (guarda qui l’articolo che parla del Söcher Amar di Bagolino).
LO SAPEVATE CHE
– Il nome Bagolino deriva dal termine latino “Pagulinus” che significa piccolo paese. L’imperatore Augusto nel 6 d.c. fece costruire la strada del Gaver per scendere a Breno, cogliere alle spalle i Camuni e conquistarne il territorio (ecco perché il passo si chiama Croce Domìni ovvero croce/crocevia del dominio). Come d’abitudine all’imbocco della strada i romani costruirono un posto di ristoro per uomini e animali che indicavano come “pagulinus” che significa approssimativamente paesino. Intorno al Mille un gruppo di abitanti di Storo, Condino e Darzo si trasferì a Pagulinus fondando una Vicinia libera e con proprio statuti che diede origine al paese di Bagolino
– Nella parrocchiale di Bagolino raramente viene aperta la porta principale, quotidianamente si accede alla chiesa tramite le porte laterali aperte verso le due contrade che hanno così ciascuna il proprio accesso privilegiato.
– Per gli abitanti di Bagolino l’altare più importate della parrocchiale è quello del Rosario (terzo del lato sinistro) perché vi è custodita la veneratissima immagine della Madonna di San Luca. Sull’altare se ne vede una copia, mentre l’originale è gelosamente custodito e viene esposto ai fedeli solo una volta ogni 5 anni.
– Non si può lasciare Bagolino senza aver visitato la Chiesa di san Rocco che custodisce un ciclo di affreschi realizzati dall’artista Giovan Pietro da Cemmo e da suo padre Maestro Paroto. I dipinti furono commissionati dalla comunità per invocare la protezione del Santo in occasione dell’epidemia di peste che aveva colpito il territorio bresciano nel 1478. Sono uno straordinario esempio della cultura pittorica bresciana fra Umanesimo e Rinascimento.
– Fra i luoghi di interesse storico e architettonico di Bagolino c’è il cimitero vecchio, costruito poco dopo l’editto napoleonico di Saint Claude che vietava le sepolture entro i centri abitati. Si caratterizza per le tombe di famiglia in stile neogotico che si affacciano sulla strada secondo lo schema e l’abitudine delle necropoli romane e per le croci in ferro battuto che popolano lo spazio interno, pregiati esempi dell’abilità bagossa nella lavorazione del ferro.