Il latte vaccino e i suoi derivati, rappresentano la principale fonte di latticini consumati nel nostro paese e in molti paesi occidentali. Le sue proprietà e gli effetti sulla salute sono stati oggetto di vasti studi e, nella dieta italiana, rappresenta una fonte interessante di proteine ad elevato valore biologico, vitamine e minerali come il calcio.
Negli ultimi anni molta attenzione è stata rivolta a prodotti analoghi ma da fonti alternative come il latte di capra.
Scopriamo insieme quali sono le caratteristiche che lo accomunano e lo differenziano dal latte di mucca con l’aiuto di Silvia Marconi, nutrizionista, assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università degli Studi di Brescia, parte del team multidisciplinare di Dispens@.
LA CAPRA NELLA STORIA DELL’UOMO
La capra è tra i primi animali ad essere stati addomesticati dall’uomo e le sue origini vengono fatte risalire alle aree medio-orientali, corrispondenti all’attuale Iran, intorno al 9000-10000 a.C. quando popoli seminomadi si spostavano alla ricerca di pascoli e cibo. Le capre, oltre ad una fonte accessibile di latte, fornivano anche carne, pelli e corna per la produzione di armi e utensili.
Probabilmente, nella preistoria, i primi approcci con la lavorazione casearia vennero condotti proprio con questo tipo di latte.
Il latte di capra è l’alimento dell’infanzia in tutte le civiltà mediterranee e del vicino Oriente, ed è stato citato dai massimi poeti già ai tempi dell’antica Roma.
Attualmente, in molti paesi del Terzo Mondo, l’allevamento delle capre come fonte di latte, prodotti derivati e carne, costituisce una fonte alimentare di vitale importanza e si adatta al meglio anche a sopravvivere in economie di sussistenza caratterizzate da ambienti boschivi marginali, terreni scoscesi e rocciosi. Nei paesi industrializzati, l’attenzione per un’alimentazione più semplice, il desiderio di un ritorno alle origini, ha reso la produzione di latte di capra e prodotti derivati oggetto di crescente interesse nelle filiere produttive.
Il latte di capra e i suoi prodotti (yogurt e formaggio) ricoprono quindi svariati significati nell’ambito della nutrizione umana:
– Nutrire un numero sempre maggiore di persone nei paesi in via di sviluppo, soprattutto dove non è disponibile il latte vaccino.
– Fornire un alimento alternativo in soggetti che presentano allergie alle proteine del latte vaccino
– Soddisfare le esigenze gastronomiche di un mercato sempre più esigente nei paesi sviluppati.
Infine, la capra presenta un fabbisogno alimentare e idrico significativamente inferiore all’allevamento bovino, adattandosi anche a territori aspri e non adatti all’agricoltura intensiva, garantendo comunque un elevata produzione di latte.
COMPOSIZIONE DEL LATTE DI CAPRA
La composizione del latte di capra può variare in funzione della razza, dell’ambiente e del tipo di alimentazione dell’animale, soprattutto per quanto riguarda la composizione dei grassi.
Rispetto al latte vaccino, il latte di capra si presenta con una colorazione più bianca, dovuta all’assenza di beta-carotene presente invece nel latte di mucca.
Inoltre, un apporto maggiore sia per quanto riguarda i lipidi complessivi che le proteine, conferisce al latte di capra un apporto calorico superiore rispetto al latte vaccino (76 kcal/100g vs 63 kcal/100g).
Per quanto riguarda la frazione lipidica, il latte di capra ha un contenuto più elevato di acidi grassi a catena corta e a catena media che rendono i globuli di grasso disciolti nella parte acquosa di dimensioni più piccole rispetto a quelli del latte vaccino. Questo rende il grasso più facilmente attaccabile dagli enzimi come le lipasi e pertanto più digeribile. Gli acidi grassi a catena corta (butirrico, caprico, caprilico, caproico e laurico) conferiscono inoltre l’odore e il sapore caratteristici del latte di capra e dei prodotti derivati e lo rendono un prodotto che incide meno sul processo di formazione delle placche aterogeniche.
Il latte di capra ha una variabilità nella composizione e nell’attitudine alla trasformazione casearia legata alla razza, all’ordine di parto, a fattori ambientali, alle tecniche di allevamento e di alimentazione, e al periodo di lattazione, che influiscono anche sulla caseificazione e pertanto sul prodotto finale. Inoltre, la presenza di globuli di grasso di dimensioni più piccole, rende la formazione dei coaguli durante il processo trasformazione casearia più soffici e friabili, e favorendo la produzione di formaggi a pasta molle.
SONO INTOLLERANTE AL LATTOSIO…POSSO CONSUMARE IL LATTE DI CAPRA?
Come il latte vaccino, anche il latte di capra contiene lo zucchero disaccaride lattosio che, in soggetti che presentano carenza o deficienza dell’enzima lattasi, deputata alla sua digestione, provoca una serie di problematiche gastrointestinali. Il latte di capra non è pertanto indicato in caso di intolleranza più o meno grave al lattosio.
Anche in soggetti che presentano allergia alle proteine del latte, visto la similitudine tra i due alimenti, non viene consigliato di consumare il latte di capra al posto del latte vaccino.
Va ricordato inoltre che il latte di capra, così come il latte vaccino, non è adatto a sostituire il latte materno nell’alimentazione del neonato in caso di impossibilità all’allattamento. Nelle formulazioni di latti sostitutivi per i neonati, sono state però recentemente introdotte miscele che, al posto delle proteine e dei grassi ottenuti da latte vaccino, presentano nutrienti ottenuti dal latte di capra, in grado di migliorare anche la digeribilità del prodotto finale. (Formulazioni approvate dall’EFSA, European Food Safety Authority).
LO SAPEVI CHE è stato scoperto perché possiamo consumare il latte e i suoi derivati anche da adulti? Le cause della diffusione della tolleranza al lattosio, lo zucchero del latte, non vanno ricercate nel maggiore consumo questi prodotti, come si era sempre creduto fino adesso, ma nella diffusione di malattie infettive e carestie. Lo afferma uno studio congiunto dell’Università di Bristol e dell’University College di Londra (Ucl), pubblicato sulla rivista Nature. I ricercatori, guidati da Richard Evershed, dell’Università di Bristol, hanno scoperto, mappando 9.000 anni di consumo, che le popolazioni preistoriche in Europa consumavano latte già migliaia di anni prima che gli esseri umani sviluppassero il gene che permette di digerirlo, diventato comune solo intorno al 1.000 a.C. Il team scientifico ha costruito un database mai realizzato ad oggi, catalogando quasi 7.000 residui di grasso animale da 13.181, frammenti di ceramica provenienti da 554 siti archeologici, per scoprire dove e quando le persone consumavano latte. A questi dati i ricercatori hanno aggiunto un altro database utilizzando antiche sequenze di Dna provenienti da oltre 1.700 individui preistorici europei e asiatici, aggiungendo all’equazione la presenza di carestie e malattie.
Riferimenti e crediti:
– http://www.bda-ieo.it/wordpress/?page_id=14
– Gallier S, Tolenaars L, Prosser C. Whole Goat Milk as a Source of Fat and Milk Fat Globule Membrane in Infant Formula. Nutrients. 2020;12(11):3486. Published 2020 Nov 13. doi:10.3390/nu12113486