L’aria di montagna fa bene a tutti, anche alle api.
A metterlo nero su bianco, dati alla mano, è stato un seminario dell’Università della Montagna (UNIMONT) di Edolo che ha riunito intorno a un tavolo ricercatori e attori della filiera apistica bresciana (ma non solo) per parlare di “L’apicoltura montana tra pregi e criticità” in occasione della Giornata internazionale della montagna.
Dal confronto, introdotto da Anna Giorgi, coordinatrice scientifica del Centro di studi applicati per la gestione sostenibile e la difesa della montagna, è emerso che “la filiera apistica bresciana è fragile, ma con volumi di produzione importanti che, tuttavia, non riescono a penetrare la grande distribuzione”, come ha sintetizzato la ricercatrice Sara Panseri.
Per questo, la produzione della nostra provincia non ha beneficiato del trend di consumi di miele in aumento in tutta la penisola dal 2020: “Il sistema è ancora troppo polverizzato e non è in grado di agire sulla comunicazione per incrementare la sensibilità ad un acquisto più consapevole del miele” ha aggiunto Panseri.
Un aiuto in questo senso potrebbe arrivare proprio dalle montagne bresciane.
Dove si può produrre un ottimo miele. I ricercatori di Unimont, in collaborazione con Slow Food, hanno studiato il miele millefiori di montagna, la hanno analizzato e caratterizzato per carpirne i segreti, la composizione, pregi e caratteristiche. Dal loro lavoro è emerso che in montagna si può produrre un miele di altissima qualità, e che un millefiori non è meno pregiato di un monofloreale.
“Le api in montagna stanno meglio che in valle”, ha confermato Giovanni Tosana, presidente del Biodistretto Vallecamonica e dell’apiario didattico di Edolo, “qui ci sono meno apiari, meno inquinamento, e il miele prodotto qui ha un valore superiore. Viceversa, la pianura è praticamente un deserto per un apicoltore”. Anche per questo motivo, spesso nelle nostre valli si assiste ad una sorta di “nomadismo” attraverso cui gli apicoltori spostano gli apiari dalla pianura alle alture quando si apre la stagione, creando però anche un sovraffollamento di apiari. In montagna, poi, circolano meno malattie che potrebbero colpire le api, e non c’è la riforestazione. Tutti elementi che attirano gli apicoltori verso altitudini.
LO SAPEVI CHE solo il nettare bottinato al di sopra dei 1400 metri dà miele “d’alta montagna”? Miele di rododendro, miele millefiori e la melata di abete sono i tre mieli dell’arco alpino. Produzioni difficili: una buona stagione (ogni quattro, cinque anni) offre poche centinaia di quintali. La produzione si effettua solo in estate ma il miele si può trovare sul mercato tutto l’anno. Se siete curiosi di assaggiare il miele di rododendro e il millefiori del Presidio Slow Food in provincia di Brescia, accedete da qui alla pagina del sito della Fondazione del Presidio.