© ph. Matteo Marioli

Session beer, il piacere estivo della birra

Con l’arrivo dei primi caldi, molti riscoprono il piacere della birra…eh sì, perché nonostante l’offerta birraria sia ampia e ben complessa durante l’intero anno, sono diversi i consumatori “stagionali” della bevanda sacra.
È proprio la stagione estiva che porta i birrifici di ogni dove, a sbizzarrirsi nella produzione delle così dette “Session Beers”.
E cosa mai si nasconderà dietro questo parolone da “beer geek”?

© ph. Erika Goffi

In realtà il termine è tutt’altro che moderno: pare infatti che venisse utilizzato già durante la Prima Guerra Mondiale in Gran Bretagna per indicare quelle birre concesse agli operai inglesi tra un turno e l’altro. Birre a bassa gradazione da poter essere bevute senza inficiare sulle capacità produttive.
Una definizione alternativa del termine, prevede invece che “session” faccia riferimento alla “duratura sessione di bevuta” al pub, grazie proprio alle caratteristiche di facile bevibilità di questi prodotti.

Giovanni Bertoletti e Samuele Cesaroni © ph. Erika Goffi

Per capire meglio di cosa si tratta, parliamo direttamente con chi queste birre le produce.
Mi trovo ad Iseo, presso il Moskito Rock n’ Roll Pub, un tempio venerato in zona dai veri birrofili, che qui trovano un’ampia selezione di prodotti artigianali sapientemente selezionati e serviti dallo storico publican Giovanni Bertoletti.
Tra le varie proposte della serata, in tap list c’è anche la “And session for all” una birra prodotta in esclusiva per il locale dal Birrificio “Brasseria della Fonte”, giovane realtà birraria artigianale toscana.
Faccio due chiacchiere col Mastro Birraio, Samuele Cesaroni, che si trova in trasferta ad Iseo per presentare le sue novità birrarie.
Da dove nasce l’idea di questa birra?
«Tra una chiacchiera e l’altra in birrificio, mentre in sottofondo suonava un pezzo dei Metallica (al quale il nome della birra si è liberamente ispirato n.d.r.) ci è venuta l’idea di realizzare una birra ad hoc per gli habitué del Moskito. Che fosse di facile bevuta, “da bancone”, senza rinunciare ad una buona luppolatura, vero must per una buona fetta dei clienti del pub. Ho così prodotto una “Session Ipa».

Che materie prime avete impiegato per richiamare il concetto di birra “di facile beva” ma ad ogni modo con “personalità”?
«Il grist* prevede un mix di malto Pilsner – ricavato da orzo direttamente coltivato dall’azienda agricola di famiglia a Pienza – e Crystal con aggiunta di avena e frumento, include luppoli della “vecchia scuola” americana, come Mosaic e Centennial, al massimo della loro freschezza».

Da parecchio tempo a questa parte, i gusti dei consumatori, per lo meno nell’aerea in cui ci troviamo, propendono decisamente verso birre con distinto carattere luppolato. Vorrei mi aiutassi tuttavia a passare il messaggio che Session Beer non è necessariamente sinonimo di “birra luppolata”. Giusto?
«Corretto, il termine “session” è molto ampio e non fa riferimento ad uno stile birrario specifico, né tanto meno ad una birra necessariamente luppolata. Ci sono birre a bassa fermentazione, di stampo tedesco, (quali le Keller), le birre di scuola anglosassone, quali le Ordinay bitter, Best bitter e Mild, che sono storicamente note per essere “birre da bevuta seriale” e poi c’è la “nuova tendenza”, ispirata agli Stati Uniti, che sta riscuotendo parecchio successo in Italia ed ha portato alla nascita di tutte quelle birre molto molto luppolate. Birre in cui l’impatto aromatico è più importante di quello palatale».

Mi trovo a chiacchierare con un birraio molto creativo, ma fortemente legato anche ad alcuni stili tradizionali: mi ribadisce più volte il concetto di come esistano birre tecnicamente perfette e complesse dal punto di vista organolettico, che non eccedono i 5%. Un principio questo in cui credo fortemente e che non perdo occasione di diffondere: ci sono molte caratteristiche da valutare in una birra al di là del suo grado alcolico. Esistono prodotti perfetti con meno 1.2%, quindi tecnicamente definiti analcolici: si avete letto bene! L’invito è davvero quello di andare alla ricerca della qualità nelle materie prime e nella sapienza del Mastro Birraio che le sa ben combinare!

© ph. Darryl De Necker del Birrificio Beerbliotek di Gotebörg

Grandi esempi di birre di qualità a bassa gradazione giungono dalla Svezia, dove vige ancora un sistema di monopolio di stato, per cui nei supermecati e nella GDO non è possibile acquistare alcolici con gradazione superiore ai 3.5%.
Un regolamento che ha spinto i birrifici artigianali locali a produrre “ light “Folköl” con massimo 2.8% e “Folköl”, con massimo 3.5% tutto l’anno, abbracciando stili birrari molto diversi tra loro, regalando ai consumatori il piacere di birre di facile approccio, che non rinunciano ad avere personalità, 365 giorni l’anno.
Lo sanno bene i ragazzi di Beerbliotek, birrificio artigianale di Göteborg, la cui collezione di “”Folköl”, “include una scelta di stili senza eguali: birre con aggiunta di frutta, Mild ales d’ispirazione anglosassone, Session ipa con ampie varietà di luppoli, Pilsner con al massimo 3.5%.

E per quelli che “l’estate fa sempre e solo rima con gelato”, non c’è problema!
LO SAPEVATE CHE Le nuove frontiere della produzione birraria vi danno il ben servito. Arriva sempre dalla Svezia, dalla capitale questa volta, l’originale idea di utilizzare lattosio ed altre materie prime spesso poco associate alla birra, per regalare la stessa sensazione di bevuta di un sorbetto o di un freschissimo smoothie (ovviamente a base di acqua, malto d’orzo, luppolo e lievito!). “Omnipollo” è la parola chiave da inserire nel vostro motore di ricerca per rendervi conto che è tutto assolutamente vero!

* Grist: la miscela di malti e di cereali impiegati per realizzare il mosto

© ph. Darryl De Necker del Birrificio Beerbliotek di Gotebörg

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