Chissà quale vitigno cresceva in quella summa vinea – la vigna più alta – che, nel Medioevo, si affacciava sulla punta estrema della penisola di Sirmione e chissà che tipo di vino si ricavava dalla sua uva…
Quel che è certo, invece, è il suo notevole valore per l’epoca visto che viene ricordata nei documenti.
Quella antica vigna oggi ha ceduto il passo ad un uliveto e a qualche cipresso ma, secondo la tradizione, ha lasciato traccia di sé nella bella chiesa di origini longobarde e di forme romaniche dedicata a San Pietro che viene identificata dal toponimo “in Mavinas” (o al maschile “in Mavino”). Questo termine insolito viene spiegato proprio come derivazione dal latino summa vinea o summa vineas.
La vigna, la chiesa, la collina che si alza sul promontorio raccontano una Sirmione ben diversa da quella attuale, meta turistica amatissima, ma cristallizzata in una serie di istantanee da cartoline.
Allora vale la pena partire proprio da qui per esplorare il borgo gardesano.
Siamo all’estremità della lingua di roccia marnosa che si allunga nel bacino meridionale del Lago, dove il terreno si alza in due colline: quella di Cortine dove oggi sorge l’omonimo hotel e quella di San Pietro appunto. La chiesa merita una visita anche solo per ammirare il trecentesco Giudizio universale affrescato nell’abside in cui l’eleganza decorativa si accompagna ad un certo piglio di realismo narrativo.
Lasciandosi l’altura alle spalle e scendendo verso il Lago si raggiunge il parco archeologico delle Grotte di Catullo dove sono custoditi i resti monumentali di una villa romana di età augustea.
In quell’epoca Sirmione era già una apprezzata località di soggiorno estivo. I patrizi veronesi vi costruivano ricche ed eleganti dimore dove trascorrevano l’otium, un periodo di distacco dagli impegni pubblici, che impiegavano nello studio, nella composizione poetica o letteraria, nella preparazione storica e filosofica del loro agire civile e politico, nella cura del corpo e nella contemplazione della natura.
Le villae erano numerose e si trovavano anche nel centro del paese attuale, ma quella che sorgeva qui, dove la penisola offre una visione a 360 gradi sul Garda e sulla costa, le superava tutte per grandiosità e ricchezza.
Basti pensare che occupava una superficie di 20.000 metri quadrati sui quali si disponevano tre piani fuori terra, una ampia terrazza vista Lago, un viridarium ovvero un giardino chiuso circondato da porticati la cui ampiezza corrisponde grossomodo all’uliveto attuale, un impianto termale privato, un corridoio riservato alle camere da letto, naturalmente il triclinium ovvero la sala da pranzo e le strutture di servizio come le vasche per l’acqua e la cisterna sotterranea in cui veniva convogliata l’acqua piovana raccolta dal sistema dell’impluvium.
Le stanze di soggiorno e gli ambienti interni avevano le pareti decorate ad affresco e i pavimenti coperti da mosaico, il viridarium era arricchito da piante, fori, statue e anche da un orologio solare disperso nell’Ottocento. Di tutta questa magnificenza restano frammenti di decorazioni pittoriche e scultoree conservate presso il Museo dell’area archeologica, la cui bellezza fa rimpiangere ciò che non c’è più. Anche le strutture architettoniche che svettano sul promontorio sono una minima parte dell’insieme originario. Dicono, però, con chiarezza come l’edificio sia stato concepito per dialogare con il paesaggio che lo circonda. Terrazze, porticati aperti, uno straordinario belvedere, finestre panoramiche fanno entrare la natura dentro l’architettura che, però, interviene a misurarla e contenerla secondo principi di equilibrio porzione e simmetria fra le parti così cari all’architettura di età romana.
Lasciate le Grotte di Catullo si può raggiungere il borgo medievale di Sirmione seguendo la passeggiata che costeggia la sponda del Lago oppure si può percorrere la strada interna dove ci si imbatte nella grande cancellata che introduce al lussureggiante parco dell’Hotel Villa Cortine nato, sul finire dell’Ottocento, come dimora per le vacanze di Kurt von Koseritz, uomo di stato della Germania prussiana. Sui muretti esterni corrono i versi di Giosuè Carducci che proprio a Sirmione dedica una delle sue Odi Barbare.
Con la loro presenza evocano tutti i poeti, scrittori viaggiatore che nei secoli hanno descritto la bellezza e il fascino di questo borgo facendone crescere e consolidandone il mito.
Poco lontano è di casa un’altra presenza mitica di Sirmione: Maria Callas. La bella Villa Liberty dipinta di giallo era di proprietà del primo marito della “Divina”, Giovanni Battista Meneghini.
Insieme vi soggiornarono per molte estati negli anni Cinquanta e la memoria generale del paese racconta la gentilezza e la familiarità della coppia oltre che il brusco addio a causa di Aristotele Onassis. Il mito vuole che proprio nella torretta di villa Meneghini si svolgesse l’ultimo terribile litigio fra l’armatore greco e l’imprenditore veronese al termine del quale la Callas seguì Onassis separandosi definitivamente dal marito.
La strada conduce, poi, verso via Antiche mura. Qui esiste ancora la porta che segnava il limite fra il borgo fortificato medievale e la campagna con le due colline coltivate a vigna e ulivi e con qualche spazio per gli orti.
Oggi il nostro sguardo si focalizza sulla cosiddetta Rocca scaligera isolandola dal contesto, ma questa fortezza lacustre dotata di una rara darsena fortificata era inserita in un articolato sistema difensivo fatto di mura, torri angolari e castello, un insieme del quale sono ancora visibili molte parti.
Chiusi i ponti levatoi – quello del castello e quello che, oggi, dà accesso a via Vittorio Emanuele – l’ultimo pezzo della penisola di Sirmione si trasformava di fatto in una piccola isola protetta dalla pietra delle mura e dall’acqua del Lago. Un altro particolare che racconta una Sirmione insolita.
LO SAPEVATE CHE il nome familiare “Grotte di Catullo” qualche volta trae in inganno i turisti convinti di visitare un area naturalistica e non i resti archeologici di una villa monumentale. Ad utilizzare, per primi, questo termine furono gli appassionati di antichità che, nei secoli passati, visitavano gli ambienti della villa e nei loro resoconti li chiamavano “cave” – grotte appunto – per la somiglianza con cavità naturali tanto più evidente in passato quando la vegetazione era molto più folta e rigogliosa e si mescolava alle murature.
Anche il poeta Gaio Valerio Catullo, che nel suo carme XXXI magnifica le bellezze di Sirmione, ha poco a che fare con la nostra villa. Per secoli si è pensato che essa fosse la residenza che la famiglia del poeta possedeva sulla penisola. In realtà dati archeologici e considerazioni storiche escludono questa possibilità e dimostrano come il proprietario della villa fosse un ricco patrizio veronese legato all’ambiente imperiale.
L’EVENTO: Un ‘occasione per approfondire la conoscenza dell’affascinante mondo della Divina è la proposta di “Sirmione Callas 21•23” – Musica, teatro, fotografia, arte: un calendario di grandi eventi culturali che la città gardesana ha già avviato e che durerà fino al 2023, anno in cui ricorrerà il centenario della nascita di Maria Callas; dimostrazione del profondo e indissolubile legame che unisce ancora oggi la Divina e Sirmione. Tra gli eventi da segnalare la mostra fotografica che dal 24 luglio sarà ospitata a Palazzo Callas Exhibitions realizzata con MAGNUM PHOTOS INTERNATIONAL: “La Divina Emozione. Atto primo. Maria Callas è Madama Butterfly”. Per vedere il programma degli eventi visitate il sito del Comune di Sirmione.
Mirka Pernis
Fra storia e mito, scorci insoliti di Sirmione
- Luglio 9, 2021
- , 8:08 pm
- , Identità & Territori