Guardate inizialmente con diffidenza perché ritenute velenose, le patate furono per lungo tempo destinate all’uso zootecnico o a scopi ornamentali. Solo con l’Ottocento, questo tubero originario delle Ande entrò con successo nei ricettari di cucina italiani, con una straordinaria varietà di preparazioni.
Quella della coltivazione delle patate è una tradizione agricola ben radicata anche nella storia bresciana. Paesaggi “commestibili” legati alle pratiche agricole tramandate dalle comunità che lo abitano, dalla Deco di pianura alle “antiche” varietà di montagna.
Una materia prima che anche da noi fu scoperta per necessità alimentare di sopravvivenza, ma che “da rifugio della fame” è diventa orticola di “arrotondamento” del reddito famigliare, poi dimenticata e oggi vista come opportunità di commercio per sostenere quei territori che, in quantità ridotte rispetto al passato, contribuiscono a produrre tuberi genuini e di pregio, grazie ad agricoltori che hanno conservato e tramandato semi come memorie di famiglia.
Una “nicchia” agricola importante che coinvolge un po’ tutta la provincia, 135 gli ettari coltivati con una resa media del territorio pari a 120 quintali/ettaro, stima Coldiretti.
Una biodiversità da promuovere, sostenuta da amministrazioni, consorzi e proloco che stanno favorendo il ritorno di questa materia prima sulle tavole locali.
LA PATATA DECO, SIMBOLO DI GOTTOLENGO
Importata dal Portogallo intorno 1580 dai frati carmelitani del Convento di San Girolamo favoriti da terreni particolarmente idonei.
La povertà che ha segnato i due dopoguerra e la scarsità delle sementi favoriscono la ripresa di una coltivazione, fino ad allora un po’ abbandoata, trasformando le patate in una grande risorsa alimentare.
Il nostro viaggio parte dall’Azienda Agricola Puzzi Letizia, dai quei campi ereditati dai nonni dove il lavoro di Ottavio Mori e della moglie Letizia Puzzi, che ha avviato l’attività nel 2018, fin da subito si è concentrato nel mantenere viva una tradizione contadina che qui ha permesso negli ultimi vent’anni di identificare un territorio con uno dei sui prodotti tra i più noti, le patate appunto.
Le prime patate si raccolgono a giugno conservandole via via che maturano (tra luglio e settembre). Le varietà più diffuse a Gottolengo: Primura e Monalisa (patate a maturazioneprecoce) Bintje, tradizionalmente usata per fare i gnocchi, Desiree, molto grossa e dalla buccia rossa, Vitellotte, dalla buccia e polpa viola e le intramontabili Majestic e Kennebec a pasta bianca.
Oggi grazie alle nuove tecnologie è migliorat il metodo semina e raccolta, non l’atteggiamento degli agricoltori nei confronti del ciclo naturale della coltivazione a vantaggio di un raccolto di qualità superiore. (Guarda qui il video della storia delle patate di Gottolengo nella sezione VideoStorie). Un vanto per le famiglie di agricoltori che ogni anno si sfidano durante la famosa Sagra, giunta alla 19^ edizione organizzata da Comune e Proloco, che quest’anno si svolgerà il 12 settembre in forma più contenuta, nel centro storico del paese. Piatto bandiera del luogo: i gnocchi artigianali.
In programma la mostra mercato con prodotti agro-alimentari tipici tradizionali e locali, di coltivazione biologica e a denominazione comunale di origine e uno spazio dedicato alla cucina a base di patate, ovviamente… di Gottolengo!
Dotarsi della Deco per il Comune bassaiolo ha significato dare un valore e una chance anche ai piccoli produttori che si impegnano in un’economia diversa da quella dei grandi numeri del mais, orzo e della soia. Già avviata la sperimentazione di un progetto che introdurrà le patate, e altri prodotti ortofrutticoli locali, nelle mense di alcuni asili, elementari e Rsa tra le province di Brescia e Bergamo.
SI SCRIVE PATATA, MA SI LEGGE MONNO
Dalla pianura alla montagna. In Valle Camonica dagli anni ’50 a metà degli anni ’70 la patata era diventata una delle principali fonti di reddito, specie del’alta valle. Tra i centri di produzone più famosi Corteno, Santicolo, Monno, Vezza d’Oglio.
Con alle spalle oltre 200 anni di storia, la patata di Monno è uno dei prodotti gastronomici tipici dell’alta Valle Camonica.
Come si legge sul sito di Bresciatourism -Visit Brescia era il 1816 quando i sacerdoti iniziarono a fare pressioni sul governo austriaco per la diffusione del tubero, utile a fronteggiare la grave carestia che imperversava nelle borgate.
Dalla richiesta nacque la collaborazione tra l’Ispettorato all’Agricoltura di Brescia e i valligiani per migliorare qualitativamente la coltivazione, per la selezione del marchio e per la vendita dei tuberi-seme. È fu così che i contadini di Monno poterono specializzarsi nei metodi di lavorazione e di conservazione della patata, divenuto ben presto il simbolo culinario della zona.
Dalla pasta soda e sapida, le patate di Monno hanno acquisito rinomanza anche per il loro uso in alcune preparazioni, come le piöde (clicca qui per la ricetta di questi gustosi malfatti di patate crude e farina di frumento) e le fladarde (piccole focacce dolci di patate, uova e farina). Oggi si parla di 15/20 famiglie dedite ancora alla coltivazione del famoso tubero e da qualche anno anche Monno ospita la “Sagra della Patata“, che quest’anno, giunta alla XV edizione si svolgerà il 2 ottobre. Di grande interesse la dimostrazione della raccolta e cernita manuale delle “patate de Mon”, con cenni alla tecnica di lavorazione e alla conservazione del tubero. Un’occasione per conoscere il bellissimo borgo antico di Monno (ne parliamo nella sezione Identità&Territori). L’idea della Proloco locale è quella di far diventare le Piöde un piatto conosciuto non solo in Italia e non in modo da dare valore anche alle patate di Monno, perché è solamente grazie al tipo di patata e soprattutto al terreno in cui viene coltivata che assume delle proprietà eccezionali. Fare le piöde con un’altro tipo di patata o semplicemente coltivata in un’altro posto, cambierebbe completamente il risultato. Non perdete l’occasione di visitare il borgo camuno il 2 ottobre partecipando alla 25^ Festa della patata, organizzata dalla Pro Loco di Monno-Mortirolo. Per l’occasione verrano preparati diversi piatti dai ristoranti della zona a menu fisso rigorosamente con patate di Monno, offrendo così la possibilità, a tutti di degustare questa specialità.
LA CURIOSA STORIA DELLA PATATA DI OSSIMO
Anche la patata di Ossimo, tubero autoctono del piccolo centro della media Valle lungo la tratta Malegno – Borno è una fidata compagna in cucina, per la realizzazione di ottimi gnocchi e arrosti succulenti. Assicura il sito ufficiale del turismo a Brescia.
Tondeggiante e appiattita, la patata di Ossimo ha pasta bianca, dimensioni medio – grandi e una buccia chiara e sottile. Le sementi hanno un ciclo vegetativo variabile tra 140 e 160 giorni e il raccolto avviene a metà ottobre. Chiamata anche patata di San Carlo per il nome del santo a cui è dedicata la Chiesa che domina le colline sede di raccolti generosi, la patata di Ossimo ha una storia interessante.
Dopo un processo di miglioramento genetico del tubero grazie agli studi dell’agronomo Trebbo Trebbi (Ferrara 1910- Brescia 2014) favorito dall’elevata predisposizione dei terreni alla sua coltivazione, Ossimo mise a disposizione campi sperimentali di patate per tutti gli anni ’50. Un approccio che ebbe valenza scientifica a livello nazionale. Nel 2004, il Museo Etnografico ritrova preziose patate da seme e nell’ottobre dello stesso anno avviene il primo raccolto. «Eravamo quasi storditi dall’emozione: quei tuberi erano tanto pane». Disse in un’intervista Trebbi ricordando l’impresa. Ancora oggi la polpa bianca di questo famoso tubero ben si presta per la produzione di pane.