© ph. Matteo Marioli

Il bicchiere può fare la differenza

Esiste un bicchiere perfetto per gustare al meglio la nostra birra?
Parafrasando la celeberrima frase di Lorenzo Dabove, meglio noto come Kuaska “La birra non esiste, esistono le birre!” Ecco la mia risposta è : “no, Il bicchiere non esiste, esistono i bicchieri!

Birra: bicchieri, non bicchiere! © ph. Matteo Marioli

IN PRINCIPIO FU IL TEKU…
L’italianissimo TEKU
, frutto dell’inventiva di Teo Musso (patron di Birra Baladin) e Kuaska, arrivato sul mercato agli inizi degli anni 2000sembrava aver rivoluzionato per sempre il modo di bere birra.

Teku @ ph. Erika Goffi

Un calice elegante che, a detta dei suoi creatori, rappresentava il bicchiere universale, perfetto per degustare ogni stile birrario. Tantissimi i birrifici ed i locali birrari che per qualche anno ci avevano deliziato con Teku serigrafati coi propri marchi; io stessa non posso nascondere di averne acquistato uno in un pub di Francoforte sul Meno (a conferma del fatto che questo prodotto made in Italy riuscì ben presto ad oltrepassare i confini italiani) e di avere diversi “esemplari” di bicchieri simili realizzati nel corso degli anni da altri produttori del settore.

LA DIVERSITÀ DEI BICCHIERI
A furia di bere ed approfondire la birra ci si rende conto che ogni birra ha delle peculiarità che non è possibile esaltare usando il medesimo bicchiere.
Come possono una complessa Tripel ed una “scorrevole” Pilsner convivere nello stesso bicchiere? Credo che l’importanza stia nel capire prima di tutto il ruolo della birra che ci stiamo accingendo a bere.
Parliamoci chiaro: la vita non è fatta solo di birre da degustare.
Agli eventi di settore, ai corsi di formazione dove si assaggia, ha senso parlare di calice da degustazione, ma quando vogliamo goderci appieno la nostra bevanda, per rilassarci, fare quattro chiacchiere con gli amici o per il semplice piacere di bere birra, è necessario fare un’attenta scelta del bicchiere che l’accompagnerà.
Personalmente vedo il mondo dei bicchieri da birra come fosse una sorta di Yin Yang: da una parte i bicchieri dalle forme lineari e dall’altra i calici, con stelo più o meno lungo e forme più o meno complesse.
Ai bicchieri dello “Yin” dobbiamo necessariamente aggiungere qualche aspetto dello “Yang” e viceversa: avremo quindi bicchieri lineari con aperture ampie, con la base più o meno stretta e calici con profili meno elaborati.
Quest’immagine dovrebbe essere sufficiente per farci capire quanto ampio e complesso sia il mondo dei bicchieri da birra (quasi al pari di quello degli stili birrari!). Credo tuttavia che, anche chi non disponga di una fornitissima vetrinetta come il migliore dei pub o il più nerd dei beer geeks, possa procurarsi alcuni pezzi immancabili, una buona base per apprezzare al meglio un discreto ventaglio di tipologie birrarie.

Boccale per Munich Helles @ ph. Erika Goffi

Vediamo insieme quelli che ritengo i “must-have”.

BOCCALE PER MUNICH HELLES Linee estremamente semplici, per questo boccale fondamentale per apprezzare al meglio birre i cui sentori aromatici sono più volatili. L’apertura ristretta agevola la formazione e permanenza di un generoso cappello di schiuma, importante alleato per scongiurare una precoce ossidazione del prodotto. La linearità della forma esalta al meglio l’aspetto visivo e la limpidezza desiderabile nelle birre chiare a bassa fermentazione per le quali il bicchiere è pensato.

Tulipglass ©ph. Erika Goffi

CALICE TULIP
Un bicchiere estremamente versatile poiché presente sul mercato in diverse varianti di forma, tutte accomunate dalla medesima struttura che ricorda appunto il fiore da cui prende il nome: stelo robusto, più o meno lungo (con una salda base d’appoggio), apertura ariosa e restringimento del diametro dal basso verso la sommità. La linea elegante ed elaborata, lascia intendere che sia un calice adatto per birre con una buona complessità aromatica ed un approccio di bevuta meno semplice: non soltanto alte fermentazioni di scuola belga con grande potenziale aromatico ma anche ales britanniche con un buon corpo e struttura alcolica ed alcune basse fermentazioni con carattere più deciso.

Il Goblet @ ph. Erika Goffi

GOBLET (o in alternativa COPPA TRAPPISTA)
Grandi protagonisti della tradizione birraria monastica, queste due varianti, molto simili fra loro, si presentano con un ventre largo ed un’ampia apertura che solitamente non cenna a restringersi salendo verso il bordo. Elementi questi che consentono di garantire a birre con un patrimonio olfattivo particolarmente importante, tutti i requisiti necessari per potersi esprimere al meglio. Significativa differenza tra le due versioni: il goblet non presenta mai un restringimento verso l’alto, aspetto che inevitabilmente inficia sulla formazione della schiuma e sulla sua persistenza.

WEIZENGLASS

Weizenglass © ph. Matteo Marioli

Non riesco ad immaginare la bevuta del tradizionale stile tedesco di frumento maltato in un bicchiere che non sia il Weizenglass. Studiato in ogni aspetto per esaltare al meglio questa birra e le sue peculiarità: -la taglia, pensata per accogliere interamente il contenuto di una bottiglia da mezzo litro e l’abbondante cappello di schiuma di cui birre di frumento come queste non possono fare a meno; – il profilo, robusto ma longilineo, che diventa sempre più panciuto, salendo verso l’ampia apertura.
Apertura che consente di avere una buona superficie a contatto con l’aria, permettendo la diffusione degli aromi fruttati-speziati (banana, chiodo di garofano) firma inconfondibile delle birre di frumento tedesche.

La Pinta americana @ ph. Erika Goffi

PINTA AMERICANA
Alzi la mano chi non ha bevuto una IPA, APA, American Ipa, American Pale Ale, DDHIPA, Double IPA, New England IPA, India Pale Lager ma anche West Coast Pilsner e chi più ne ha, più ne metta. Credo di poter affermare con (quasi) assoluta certezza che non ci sia un pub sprovvisto di questa tipologia di bicchiere, al giorno d’oggi. Facilmente impilabile ed abbastanza solido: un binomio vincente che ha fatto propendere per la scelta di questo bicchiere da parte di molti protagonisti del mondo birrario, non soltanto in Italia. Grande classico per le birre luppolate che sprigionano grandi aromi, note di frutta tropicale, sentori agrumati, talvolta più floreali o erbacei. Birre che possono avere una struttura alcolica ed una complessità aromatica più o meno intense, ma che tendenzialmente soddisfano il consumatore che cerca birre “senza fronzoli”.
“Birre da bevuta”, come le definisco io, alle quali aggiungerei anche una fresca ed aromatica Bière Blanche.
“Cugina” della pinta inglese (Nonic Imperial Pint), quella americana si differenzia per la silhouette ben più lineare e semplice e per aver una capacità meno generosa della britannica (0,47 l la prima, contro 0,56 l della seconda).

VETRO E IGIENE
Infine due parole su due “piccoli” aspetti che possono fare una grande differenza.
Per una corretta degustazione della birra il materiale deve essere rigorosamente in vetro di ottima trasparenza, per permettere di apprezzare i colori e altre caratteristiche, ma non basta avere in mano il bicchiere giusto esistono regole da rispettare, anche igieniche, per non alterare i gusti e gli aromi presenti nel bicchiere.
Come per il vino anche per la birra i bicchieri in cui si serve devono essere perfettamente puliti e sgrassati, privi di qualsiasi odore e anche residuo di lavaggio. Fondamentale è anche l’asciugatura dei bicchieri, che se non perfetta, potrebbe rilasciare residui di calcare e brillantante usato nelle macchine. Per questo anche a casa non basta solamente lavare i bicchieri in lavastiviglie, serve anche asciugarli con panni appositi e accertarsi che non abbiano segni di sporco o residuo. Senza il rispetto di queste semplici regole si rischierebbe di rovinare il gusto della birra… in poche parole il lavoro di un anno di molte persone.

LO SAPEVI CHE  a Norimberga si trova il più famoso e fornito museo interamente dedicato ai bicchieri per Weizenbier: ne ospita circa 5.000 pezzi!

Prosit! @ ph. Matteo Marioli

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